La bella gigogin

È una canzone patriottica del Risorgimento celebre in tutto il Nord Italia, molto popolare ancora oggi.
Il contenuto del testo, fortemente anti-austriaco, è un miscuglio di strofe popolari adattate alla musica dal maestro Paolo Giorza nel 1858, su un ritmo di polka.
Le allusioni politiche erano ben chiare all’epoca.
La Gigogin è il diminutivo piemontese di Teresina, usato dai carbonari per indicare l’Italia.
« Daghela avanti un passo » era un invito all’insurrezione per cacciare gli austriaci.
« La dis che l’è malada » si riferiva alla Lombardia stessa, stanca della gialla bandiera austriaca.
« Bisogna aver pazienza, lassàla marida » significava che occorreva pazientar fin quando la Lombardia non si fosse « sposata » con il Piemonte, ossia attendere il consolidamento dell’alleanza tra Vittorio Emanuele II e Napoleone III.
La prima parte del testo è probabilmente successiva all’unificazione dell’Italia : l’esortazione alle armi era troppo esplicita perché potesse venir tollerata dalla censura austriaca.
Gli austriaci, ad ogni modo, finsero di non capire le allusioni del testo, tanto che la musica venne adottata dalle loro bande militari. È famoso l’episodio della battaglia di Magenta (4 giugno 1859) quando l’esercito franco piemontese garibaldino da una parte e quello austriaco dall’altra diedero entrambi il segnale dell’attacco proprio con le note della Bella Gigogin !
Chi fu in realtà questa Bella Gigogin ? Gli aneddoti riguardanti la « vera » bella Gigogin ci dicono che fosse bella, giovane e senza troppi scrupoli morali. Ma l’alone di mistero che la circondò fece cantare intere generazioni di milanesi.


L’uva fogarina

L’uva fogarina è un vitigno scomparso che oggi si cerca di coltivare di nuovo. Era molto diffusa all’inizio del Novecento in Emilia-Romagna, nella zona tra Reggio e Mantova. Di color rosso rubino,  limpido alla perfezione, ricco di quel suo speciale profumo aromatico, tra lampone e ribes, veniva destinata al taglio di vini. 
         Mossini di Guastella scrive nel 1905 che la Fogarina sarebbe stata trasportata da un’alluvione del Po in un bosco guastallese detto Fogarin. Ma secondo Jacopo Ravà, la denominazione deriverebbe dal fatto che quest’uva sarebbe capace di dare vigore ad altre uve più scadenti. 
          La fogarina è un’uva a maturazione tardiva. La sua raccolta avveniva spesso dopo i Santi e segnava, per i braccianti agricoli, la fine della stagione. La vendemmia era allora per tutti una festa, come ci illustra la famosa canzone popolare « L’uva fogarina ».

Venne interpretata da Laura Betti nel film dei Fratelli Taviani del 1974, Allonsanfan, con la  musica di Ennio Morricone.


Reginella campagnola

Reginella Campagnola è la canzone più rappresentativa dei temi trattati negli anni Trenta e cioè la campagna e la guerra, inneggiati dal Ministero della cultura popolare del regime fascista per esaltare il mondo agricolo in contrapposizione con la città, fonte di corruzione morale. 
          Questa apologia della campagna fu scritta su un fox composto nel 1938 da Bruno e Eldo Di Lazzaro. Venne suonata per la prima volta in una sala da ballo di Porta Venezia a Milano, con il titolo di Fior della Maiella (massiccio montuoso dell’Abruzzo) poi divenne un classico dei balli popolari, interpretato principalmente con la fisarmonica.          Riscosse un enorme successo negli Stati Uniti, con un nuovo testo scritto da Harold Adamson. La protagonista non era più una contadina abruzzese, ma un picchio che beccava, a suon di ritmo, il tronco di un albero. Glen Miller la incise nel 1940, con il titolo Woodpecker song, venne poi cantata anche dagli Andrews Sisters con un altro arrangiamento. 


Il ponte di legno di Bassano

Bassano del Grappa è una città situata a 35 chilometri da Vicenza. Celebre per la produzione della grappa, ma soprattutto per il vecchio ponte coperto, principale via di comunicazione tra Bassano e Vicenza. 
La prima costruzione del ponte di Bassano risale al 1209. La struttura originale fu però distrutta da una piena del fiume Brenta. Fu Andrea Palladio che, nel 1569, progettò il nuovo ponte di legno, materiale scelto per la sua elasticità, in grado di contrastare l’impetuosità del fiume. Una seconda piena del Brenta lo distrusse nel 1748 e venne ricostruito solo 3 anni dopo da Bartolomeo Ferracina. 
Il ponte fu nuovamente distrutto dai tedeschi nel corso della seconda guerra mondiale e fu ricostruito dagli Alpini nel 1947. Per questo il ponte di Bassano è anche detto il ponte degli Alpini.


Il tango delle capinere

Copertina dello spartito di
Il tango delle capinere (1928)

Canzone della Belle époque, il Tango delle capinere* fu composto nel 1928 da Cesare Andrea Bixio e le parole scritte da Cherubini. Ma fu proprio a Parigi che questo tango ebbe un successo strepitoso, segnando così una grande svolta nella carriera del suo compositore.
A pochi mesi di distanza la canzone venne tradotta ben due volte in francese e da due traduttori diversi. La prima traduzione di Robert Marino, il Tango des fauvettes(casa editrice musicale C.A. Bixio di via Filippo Corridoni, agosto 1928) mantiene lo spirito del testo italiano, sebbene trasformi l’Arizona in Texas.
La seconda traduzione di Henri Varna e De Lima (edizioni musicali Bixio, 1 Bd Hausmann (sic) ottobre 1928) cambia il titolo della canzone in  Dans les bouges de la nuit e dà alle parole uno stile apache.
Tra le due traduzioni un grande evento si produce nella vita di Bixio con l’apparizione della mitica Mistinguett, venuta a trovarlo a Milano per chiedergli di lavorare per la rivista Paris qui brille, al Casino di Parigi negli anni ‘31/’32. Questo tango rappresenterà uno dei suoi maggiori successi.

Il Tango delle capinere

Laggiù nell’Arizona, 
Terra di sogni e di chimere 
Se una chitarra suona 
Cantano mille capinere… 
Hanno la chioma bruna, 
Hanno la febbre in cor ; 
Chi va a cercar fortuna 
Vi troverà l’amor… 

A mezzanotte va 
La ronda del piacere 
E nell’oscurità 
Ognuno vuol godere… 
Son baci di passion, 
L’amor non sa tacere… 
È questa la canzon 
Di mille capinere ! 

Il bandolero stanco 
Scende la Sierra misteriosa ; 
Sul suo cavallo bianco 
Spicca la vampa di una rosa… 
Quel fior di primavera 
Vuol dire fedeltà 
E alla sua capinera 
Egli lo porterà. 

A mezzanotte va la ronda….

Le Tango des fauvettes

Au Texas, où l’aurore 
A des parfums de violette, 
Un frisson de mandore 
Fait chanter toutes les fauvettes 
Avec leurs tresses brunes 
Et leurs yeux de velours 
A qui cherche fortune 
Elles donnent l’amour 

Dès que le jour a fui 
Elles s’en vont légères 
Et, de l’ardente nuit, 
Font goûter le mystère 
Les baisers de passion 
De ces fauvettes brunes 
Sont la folle chanson 
Qui monte au clair de lune 
Le gaucho qui chemine 
Dans la Sierra mystérieuse 
Presse sur sa poitrine 
Sa tendre fauvette amoureuse 
Il a le cœur en fête 
En cette nuit d’été 
Car, tout bas, la fillette 
Lui promet sa beauté 

Dès que le jour a fui 
Elles s’en vont légères 
Et, de l’ardente nuit 
Font goûter le mystère 
Les baisers de passion 
De ces fauvettes brunes 
Sont la folle chanson 
Qui monte au clair de lune

Hélas ! Il doit quitter 
Ce doux pays de rêve 
Il emporte là-bas 
L’espoir et la fortune 
Mais son cœur restera 
Chez les fauvettes brunes 

Dans les bouges de la nuit

Malgré ma vie princière, 
J’pense aux beaux soirs de la barrière 
Où j’allais dans la rue, 
Aimée, exploitée et battue, 
Parée de tous mes diames 
Quand j’ai l’cafard j’reviens 
Offrir mon état d’âme 
Aux gars qu’ont peur de rien 

Refrain : 
Dans les bouges la nuit, 
D’Montparnasse à Grenelle, 
Le destin me conduit 
Vers des amours nouvelles. 
Près des mauvais garçons, 
Mon cœur est en délire, 
Un air d’accordéon 
Et mon être chavire 

Une java violente 
M’apporte l’étreinte troublante, 
La brutale caresse 
D’un de ces beaux gars à la r’dresse. 
Pâmée je dois me rendre 
Car toutes les fadeurs 
Qu’dans l’jour je dois entendre 
N’ont pas cette faveur 

Refrain


La recette de la pappa al pomodoro

Viva la pappa col pomodoro è una canzone resa celebre dallo sceneggiato televisivo di « Gian Burrasca », trasmesso dalla Rai nel 1964, realizzato da Lina Wertmüller.  Era cantata da Rita Pavone che interpretava il ruolo principale. La musica era di Nino Rota, orchestrata  da Luis Enriquez Bacalov.
Lo sceneggiato era tratto dal celebre romanzo “Il giornalino di Gian Burrasca”, scritto da Vamba (pseudonimo di Luigi Bertelli) nel 1907 e pubblicato nel 1920, diventato un classico della letteratura per ragazzi. 
L’azione si svolge a Firenze all’inizio del ‘900 e racconta le marachelle di 
Gian Burrasca che i genitori decidono di mandare in collegio. Tuttavia il 
bambino ribelle contina a farne di tutti i colori. Spinge alla ribellione i suoi 
compagni e va fino a scrivere sui muri « abbasso i tiranni ». Riesce ad ottenere che l’immangiabile minestra di riso quotidiana venga sostituita dalla « pappa al pomodoro », piatto toscano dei contadini.

Ricetta della pappa al pomodoro

Per 8 persone :
500 gr. di pane raffermo 
800 gr. di pomodori 
2 spicchi d’aglio 
Basilico 
1,5 litri di brodo 
Olio d’oliva 
Pepe e sale

Mettere l’olio d’oliva in una pentola e far dorare l’aglio tritato a cui si 
aggiungono i pelati tagliati a pezzetti ed il basilico. Aggiungere il sale ed il 
pepe e fare cuocere per un quarto d’ora. Quindi aggiungere il brodo ed il 
pane tagliato a fette e lasciare ancora sul gas per 10 minuti. Poi lasciare 
riposare per un’ora circa. Servire con un po’ d’olio d’oliva e eventualmente 
un po’ di parmigiano.


La ronde de “Madama Doré”

La vecchia filastrocca Madama Doré è ripresa da Ottorino Respighi nel suo poema sinfonico « I Pini di Roma », composto nel 1924. È diviso in quattro parti che evocano la città di Roma e dintorni. La prima parte 
« I pini della Villa Borghese » include filastrocche e giochi infantili nei giardini della Villa Borghese e, in particolare, « Madama Dorè ». 

La Filastrocca « Madama Doré » 
Un gruppetto di bambini si tiene per mano e fa una specie di 
girotondo, mentre un bambino fuori dal cerchio gira in senso opposto. 
Il gruppetto ed il bambino pronunciano le repliche della filastrocca :  

Oh quante belle figlie, Madama Doré
oh quante belle figlie !
Se son belle me le tengo, Scudiero del re, 
se son belle me le tengo ! 
Il re ne domanda una, Madama Doré,
il re ne domanda una!
Che cosa ne vuol fare, Scudiero del re, 
che cosa ne vuol fare ! 
La vuole maritare, Madama Doré,
la vuole maritare !

A questo punto o il cerchio rimane chiuso ed il bambino che 
è fuori continua a  chiedere la mano di una delle figlie di Madama Doré, 
oppure il cerchio si apre ed il bambino entra per scegliere colui che lo 
seguirà all’esterno. 

Con chi la mariterebbe, Scudiero del re,
con chi la mariterebbe ! 
Col principe di Spagna, Madama Doré, 
col principe di Spagna !
E come la vestirebbe, Scudiero del re 
e come la vestirebbe! 
Di rose e di viole, Madama Doré,
di rose e di viole !
Scegliete la più bella, Scudiero del re, 
scegliete la più bella ! 
La più bella l’ho già scelta, Madama Doré,
la più bella l’ho già scelta !
Allora vi saluto, Scudiero del re, 
allora vi saluto ! 

Il gioco continua fino a quando tutti i bambini del primo cerchio non 
saranno passati nel secondo.